Un'estate piovosa 
Un romanzo coming-of-age

Un pezzo di storia dell'immigrazione
La gelateria italiana come luogo d'incontro delle culture

Alla fine degli anni Cinquanta il sedicenne Luca viene mandato in Germania per lavorare nella stagione estiva in una gelateria di Paderborn, così da poter sostenere la sua famiglia di otto persone nel Norditalia. Sotto gli occhi attenti della Signora Colombo, Luca scopre ben presto quanto è duro lavorare l‘intera settimana, ed è più che felice di avere del tempo libero durante i numerosi giorni di pioggia di quell’estate.

In uno di quei pomeriggi piovosi conosce Hans, uno studente del liceo suo coetaneo che le ragazze della gelateria hanno soprannominato «bel biondo».

Superando le barriere linguistiche con l’aiuto di un dizionario Italiano-Tedesco i due ragazzi si avvicinano l’uno all’altro e insieme trovano le parole per qualcosa che da adolescenti ancora non sapevano esprimere.

«Un’estate piovosa» immerge il lettore nel mondo dei lavoratori stranieri, i Gastarbeiter, che svolsero un ruolo cruciale nella Germania del secondo dopoguerra, dipingendo un quadro di quegli anni da una prospettiva particolare.

 

Un'estratto del libro:

Luca e Hans erano seduti sul divano uno vicino all’altro, ma Luca anche quel giorno sentiva una lontananza come quel giorno nel parco di Paderquelle, quando si erano seduti su una panchina sotto gli occhi della gente che passeggiava, e oggi invece sotto gli occhi gentili e comprensivi della madre di Hans.
«Peccato che l’estate sia andata così male per voi in gelateria, però avete potuto approfittarne per  passare così tanto tempo insieme», disse Brigitte a Luca, traducendo poi le sue parole per Hans.
«Sì, è vero», disse Hans guardando Luca.
«Hans mi ha fatto vedere tante cose di Paderborn e con lui ho imparato il tedesco più velocemente», disse Luca.
«Aspetta che lo traduco per Hans», si offrì subito Brigitte. Luca continuò a parlare a Hans, facendo delle pause perché Brigitte potesse tradurre. Mentre parlava e aspettava le traduzioni di Brigitte, lui e Hans si guardavano. I loro occhi parlavano un’altra lingua, in parallelo a quella parlata. Del tutto slegata dall’italiano o dal tedesco, era una terza lingua, che soltanto loro comprendevano. Solo che lui e Hans non potevano usare nemmeno la mimica per dirsi che avrebbero sentito la mancanza l’uno dell’altro. C’erano solo i loro occhi a trasmettere e tradurre il messaggio attraverso le righe, le parole e le lingue. L’unica valvola di sfogo per le loro emozioni, nascoste dietro il dizionario sul comodino di Luca, le passeggiate nel parco e le ore trascorse insieme in piscina, rannicchiate come avrebbe fatto il gatto in giardino all’avvicinarsi di un animale più grande e pericoloso.

 

Recensioni:

„Premetto: è la storia, fra le più commoventi che siano mai state scritte su questo tema, di un giovane gay che scopre sé stesso. Il romanzo ha la potenza della primordialità, riassumendo in sé quel che significhi per un ragazzo capire di essere gay. Allo stesso tempo, il libro emana una finezza linguistica e un calore di scrittura tali da farci vivere in tutta la sua immediatezza la trama, anche se questa si svolge in un'epoca lontana che ci riesce quindi anche un po’ estranea. (…)  Il fatto poi che Marcello Liscia riesca a tradurre il patema d'animo di Luca sulla propria omosessualità in una romantica storia d'amore, né tragica né kitsch, bensì facendola sfociare nell'esordio di una nuova consapevolezza, è quel che fa di questo testo un libro veramente di classe. “

Veit Georg Schmidt, Libreria Löwenherz, Vienna

 

„Alla fine degli anni Cinquanta il sedicenne Luca viene mandato in Germania, in una gelateria di Paderborn come lavoratore stagionale, per contribuire al mantenimento della sua numerosa famiglia in Norditalia. A Paderborn incontra Hans, uno studente liceale della stessa età, e se ne innamora.

 ,Non vivere mai la vita di un altro. Vivi solo la tua' è la frase centrale del libro. L'ammonimento è rivolto al personaggio principale del romanzo, il sedicenne Luca che però trova difficile riconoscere i propri sentimenti.”

 Christian Höller, Mannschaft Magazin

 

Foto: Sebastian Koberstein

Marcello Liscia

Sono nato nel 1971 a Paderborn, in Vestfalia, figlio secondogenito di Rita e Giovanni Liscia. Emigrati giovanissimi da due diverse regioni italiane, il Veneto e il Molise, i miei genitori si sono conosciuti e poi innamorati qui in Germania. Così, mi ritrovo ad avere tre „radici”: una a Paderborn e due in Italia.

Dopo gli studi in lingue e letterature straniere (francese e inglese), ho seguito corsi di addestramento per diventare consulente di lavoro e coach. Nel 2000, insieme a mio fratello Gianni, ho fondato una ditta di consulenza che, soprattutto nel settore dello sviluppo a livello dirigenziale, mi ha portato a lavorare in tutt' Europa. Infine, circa dodici anni fa, è entrato in ditta anche mio marito Jan. 

Già in passato avevo scritto qualche brano di prosa o lirica, niente però di abbastanza valido da essere presentato a un pubblico di lettori, ma nel marzo del 2019 si è fatta strada in me la chiara sensazione di dover scrivere. E, senza preoccuparmi delle tecniche o delle leggi del romanzo, ho semplicemente cominciato „Ein verregneter Sommer”, pubblicato poi nel settembre del 2022 dalla casa editrice   Querverlag di Berlino che solo tre mesi dopo ne mandava in stampa la seconda edizione.

Infine, nel dicembre 2023, con il titolo „Un’estate piovosa”, il libro è uscito in traduzione italiana presso le Edizioni Graphofeel di Roma.

Il mio secondo romanzo, „Einmal noch” è annunciato nel programma editoriale del Querverlag per il settembre di quest’anno. 

Mio marito ed io formiamo da oltre vent'anni una coppia indivisibile e dal primo di maggio di quest' anno a completamento della nostra vita, dopo due anni senza cani, si è aggiunto un esserino a quattro zampe, un bassotto tedesco nano, di color cioccolato: Thibault. Soltanto a tre mesi di distanza poi seguito da suo fratellino Luca, anche lui bassotto nano dallo stesso padre.

Nel 2018 Ian ed io abbiamo scoperto insieme la passione per l'apicultura e ci occupiamo, con tutto quello che ciò comporta di cure e lavoro, di circa venti alveari. 

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